La patata (Solanum tuberosum) è una pianta dotata di notevole capacità di adattamento agli elementi del clima, il che consente di coltivarla dal nord al sud del nostro Paese, a diverse altitudini (dalla pianura alla montagna) e in differenti periodi dell’anno. Le particolari condizioni climatiche di alcune aree e l’adattabilità della coltura ai cicli extrastagionali consentono, pertanto, di realizzare un calendario di produzione pressoché continuo, che copre quasi tutto l’anno.

Ciclo precoce: la raccolta avviene tra fine febbraio e fine giugno e si produce nelle regioni insulari e meridionali. Denominata patata “primaticcia” o “novella”, viene seminata nei mesi invernali, il cui calendario di raccolta parte cronologicamente in Sicilia e si conclude in Campania. Il prodotto viene scavato, prima della completa maturazione fisiologica dei tuberi, i quali si presentano con la buccia che si stacca ancora facilmente della polpa.

Ciclo comune: il prodotto si ottiene a partire da giugno fino a ottobre, partendo cronologicamente dalle aree meridionali per finire agli ambienti più nord della penisola. I tuberi, seminati a partire dai mesi di febbraio, sono completamente maturi e ben abbucciati.

Ciclo bisestile: infine, si ottiene nelle stesse aree della coltura primaticcia, che si produce tra fine novembre e gennaio, la cosiddetta patata bisestile o autunnale, che sta incontrando, negli ultimi anni, il favore crescente dei consumatori, i quali in tal modo possono disporre di tuberi freschi nel periodo invernale.

Papa-web-eng

I tuberi prodotti in entrambi i cicli extrastagionali (precoce e bisestile) sono destinati prevalentemente al consumo allo stato fresco e vengono commercializzati subito dopo la raccolta, mentre il prodotto del ciclo comune, oltre a essere consumato fresco, alcune varietà vengono destinate anche all’industria di trasformazione. Una così ampia gamma di tipologie merceologiche di prodotto, ottenuta in condizioni pedoclimatiche e colturali a volte anche molto differenti, richiede l’impiego di varietà diverse e specifiche per ogni singola situazione. In particolare, per il ciclo precoce, vanno impiegate cultivar capaci di tollerare le basse temperature e caratterizzate da pronta differenziazione e rapido accrescimento dei tuberi, in modo che il loro sviluppo possa concludersi prima dell’arrivo della stagione calda e secca. Per il ciclo estivo-autunnale, invece, risultano più adatte cultivar tolleranti al caldo nelle prime fasi e al freddo nelle fasi conclusive del ciclo. Per le colture biologiche poi, è fondamentale l’utilizzo di varietà resistenti/ tolleranti alle più gravi e diffuse fisiopatie. La maggior parte delle cultivar utilizzate in Italia è di provenienza estera, anche se, nella maggior parte dei casi, sono state validate in loco attraverso prove di verifica e di idoneità alle diverse condizioni colturali del nostro Paese.

In Sicilia, grazie alle condizioni climatiche riscontrabili in alcune aree costiere, vengono realizzati due cicli di coltivazione extrastagionali: autunno/vernino ed estivo autunnale. Con il primo ciclo, di gran lunga il più importante, si ottiene la classica ed affermata produzione precoce, realizzata tra marzo e inizio giugno, molto apprezzata soprattutto dai mercati europei e del Nord Italia per la sua freschezza e fragranza. Con il ciclo estivo-autunnale si realizza, invece, la produzione bisestile o di secondo raccolto. Con i tuberi raccolti in entrambi i cicli è possibile, pertanto, realizzare un calendario di produzione continuo di 6-7 mesi. Entrambe le tipologie sono destinate al consumo fresco. La produzione attuale interessa circa oltre 10.000 ha, con una resa totale superiore a 2 milioni di quintali l’anno. Storicamente le due varietà base erano la Spunta e la Sieglinde, oggi troviamo anche Arinda, Mondial, Timate, Nicola, Ditta e Bellini.

0129
La Calabria è una delle regioni meridionali di maggior interesse per quanto riguarda la pataticoltura, su una superficie totale di oltre 3500 ha con una resa di oltre 650.0000 quintali. La maggior parte della produzione si concentra sulla Sila, un vasto altopiano con una altezza media di 1300 m s.l.m. L’altopiano silano è caratterizzato da condizioni pedoclimatiche marcatamente montane che, unite al terreno di medio impasto tendente al sabbioso, è notoriamente una delle zone che in Italia si prestano alle produzione di patate. La patata della Sila, grazie alle sue caratteristiche organolettiche, rappresenta un punto di eccellenza nel panorama ortofrutticolo europeo, tanto che è stato sancito il riconoscimento IGP dall’Unione Europea.
Le condizioni pedoclimatiche della Campania hanno contribuito al successo di questa coltura a livello regionale. Infatti la patata è particolarmente esigente in termini di terreno, prediligendo i suoli profondi, sciolti e ben drenati, caratteristiche tipiche dei terreni campani. La patata precoce a ciclo breve costituisce la produzione più tradizionale ed economicamente più importante della regione, mentre la produzione tipica delle aree interne è quella della patata comune. L’area di coltivazione, abbracciando il comprensorio vesuviano e quelle flegreo, continua a essere prevalentemente concentrata nella provincia di Napoli e Caserta. Con una produzione annuale di oltre 3 milioni di quintali, investita su una superficie di quasi 10 mila ettari, la regione campana risulta il primo produttore regionale quantitativo.
In Puglia, nonostante la forte contrazione della superficie coltivata, circa ben il 50 % negli ultimi dieci anni, la patata occupa comunque i primi posti nell’orticoltura regionale. La produzione si aggira su circa 800.000 quintali su una superficie di oltre 4 mila ha. Bari e Lecce sono le provincie in cui è più diffusa la coltivazione della patata precoce, mentre in quelle di Bari e Brindisi viene coltivata la patata comune. La coltivazione si estende lungo tutta la costa adriatica, da Manfredonia fino alle “terre rosse” di Polignano al Mare. Oltre al mercato nazionale, la produzione pugliese è fortemente orientata all’esportazione verso i paesi europei, in particolare la Germania. Nonostante la costante introduzione sul mercato di nuove varietà, la produzione pugliese è ancora legata ad alcune varietà quali Spunta, Nicola, Sieglinde.

Nel Lazio la patata è diffusamente coltivata su tutto il territorio regionale ma, salvo in provincia di Viterbo, si tratta di coltivazioni limitate e talvolta destinate al solo uso familiare. In termini di quantità la regione produce in media oltre 700.000 q di tuberi su una superficie di circa 2500 ettari, quasi esclusivamente nel settore della patata da consumo fresco. Nell’alto Viterbese si concentra circa il 70 % della produzione regionale, che ha toccato punte di eccellenza sotto l’aspetto qualitativo e di tipicità. E’ ottenuta con tecniche di produzione integrate da un numero ristretto di varietà, tra cui primeggia in assoluto la Monalisa. Un’altra produzione tipica del Lazio è la patata di Leonessa, molto apprezzata ma poco rilevante dal punto di vista quantitativo.
Nel territorio regionale dell’Abruzzo la coltivazione della patata interessa circa 4600 ha, con una produzione media di oltre 1.700.000 q. La quasi totalità di essa ricade nella provincia dell’Aquila, principalmente concentrata nell’altopiano del Fucino, dove le superfici medie aziendali sono decisamente superiori e la coltura è completamente meccanizzata, a differenza delle altre province abruzzesi, dove la coltivazione è operata su piccole superfici aziendali e con una ridottissima meccanizzazione. Circa il 60-70 % della produzione è destinato al mercato fresco, mentre la restante parte è indirizzato alla trasformazione industriale. Nel primo caso le varietà più coltivate sono: Agata, Cicero, Caesar, Marabel, Vivaldi; nel secondo caso, invece, Agria, Fontane e Innovator.
Le condizioni ambientali riscontrabili in Emilia-Romagna in particolare nella provincia di Bologna, sono particolarmente idonee per la coltura della patata. Diverse sono le varietà coltivate in questa regione, ma quella sicuramente più caratteristica è la Primura, coltivata nel bolognese a partire dagli anni Sessanta. Identificata spesso come la Patata di Bologna, attualmente essa è riconosciuta ufficialmente con il marchio comunitario DOP. Attualmente le altre varietà più coltivate sono Agata, Vivaldi e Ambra, tutte a buccia e pasta gialla. Nel 1992 nasce il Consorzio di tutela, con il quale riuscì ad affermare il concetto di lotta integrata per la produzione in campo. Successivamente il Consorzio ha lanciato la patata al selenio e l’istituzione del marchio QC (Qualità Controllata). Sebbene la produzione prevalente sia quella per il consumo fresco, sono presenti sul territorio anche industrie di trasformazione. La superficie totale investita a patate si aggira sui 6000 ettari, con una produzione totale di ben oltre 2.000.000 di quintali.

Immagine1
Nel Veneto, ai confini tra le province di Padova, Vicenza e Verona, nel territorio di quest’ultima, c’è un piccolo comune, Roveredo di Guà, che deve la sua notorietà a una patata, la cui produzione si concentra nei mesi di luglio e agosto. In questi terreni alluvionali, argillosi, profondi e di colore rosso, si coltiva con successo da ciò deriva la complessa definizione di “patata dorata dei terreni rossi del Guà”, inserita nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Le principali varietà coltivate nella regione veneta sono: Agata, quella più diffusa, Primura, Vivaldi, Colomba, Arizona, Jaerla e Liseta. Nelle zone di montagna viene soprattutto utilizzata la Kennebec, varietà storica a pasta bianca, principalmente coltivata per l’autoconsumo. Un altro prodotto oramai abbastanza noto è la patata di Rotzo, nell’alto piano di Asiago in provincia di Vicenza. Nel complesso vengono prodotte circa 1.200.000 q di tuberi su circa 4000 ha di superficie in territorio veneto.
Infine riguardo al Trentino Alto-Adige, sin dal passato fu un importante bacino per la produzione di tuberi soprattutto da consumo, sulla sia di due principi, uno ambientale secondo il quale l’intero territorio era considerato di montagna, e l’altro sociale, in quanto la patata rappresentava la chance di un incremento immediato di reddito. La pataticoltura trentina si affermò soprattutto nella Val di Non, grazie alla varietà scozzese Majestic, mentre oggi troviamo anche Cicero, Adora e Kennebec. In Pusteria il paesaggio caratteristico dei campi coltivati a patate si veste di un aspetto specifico dovuto proprio alle colture dei tuberi da seme. Per il resto, al di là di queste due zone, si tratta di coltivazioni isolate, locali, famigliari, e persino di carattere hobbistico. La produzione complessiva si aggira sui 200.000 distribuite su circa soli 700 ettari in una tutte e due le province autonome.

prod_patate

Fonte : La Patata, Coltura e Cultura, R. Angelini pag 324-415
Dati Istat 2011
Autori: G. Mauromicale, A. Carli, l. Frusciante, M. La Sala, V. Marzi, N. Calabrese, B. Cirica, D. D’Ascenzo, B. Bianchi, G. Guarda, M. Morini, G. Biadene, I. Giordano, B. Parisi, A. Pentangelo