La nanotecnologia promette la realizzazione di prodotti fitoiatrici e concimi a basso impatto ambientale o addirittura totalmente disinquinanti. Tra dieci anni entrerà a far parte del mondo agricolo, sostengono alcuni ricercatori. Immaginiamo di aver a confronto una arancia con l’intero globo terrestre; se la terra avesse le stesse dimensioni dell’arancia, quest’ultima a confronto sarebbe grande tanto quanto un nanometro: ossia un miliardesimo di metro. Così piccole sono queste particelle che da oltre un decennio la scienza si dedica a queste strutture alquanto singolari. Le loro dimensione favoriscono nuove proprietà e funzioni. Il materiale nanotech, composto da un infinito numero di particelle nane, occupa a parità di stesso volume una grande superficie. Tante nanoparticelle sono così piccole che riescono ad oltrepassare le barriere naturali. Groessenvergleich_5_01

Questo comporta nuove possibilità, ma nello stesso tempo anche pericoli: essi possono penetrare attraverso i polmoni o direttamente dalla pelle verso il sangue, e dal sangue verso differenti organi vitali, accumulando così queste particelle. Ma non tutte le nanoparticelle entrano nel sistema respiratorio o comunque non tutte vengono accumulate. Inoltre, le nanoparticelle non sono un invenzione da parte dell’uomo, bensì esistono già da tempi molto remoti, provenendo dalle polveri o dalle fuliggini immediatamente dai dintorni nostri.
La nanotecnologia si occupa con queste nanoparticelle naturali per nuovi scopi oppure per la realizzazione di nuove nanoparticelle. Come per qualsiasi nuova tecnologia, con le sue nuove invenzioni c’è sempre la presenza di nuovi rischi, talvolta sconosciuti del tutto. Quindi non sono solo le grandi società multinazionali a documentarsi su questi nuovi meccanismi d’azione, ma anche l’intero mondo scientifico e i principali enti. Tante istituzioni si sono impegnate negli ultimi anni alla ricerca di sicurezza dei materiali in nanotech.
Nel frattempo la nanotecnologia è già entrata nella vita quotidiana. Dai condimenti, alle buste di patatine fino alle creme solari: la nanotecnologia fa oramai parte della nostra quotidianità. Grazie a questa nuova tecnologia anche nel campo di difesa delle piante sarà possibile ottenere delle emulsioni più stabili, un protezione maggiore ai raggi UV oppure una adesione alle foglie più forte. Nel processo di concimazione i nutrienti possono essere rilasciati in maniera del tutto libera oppure rilasciati in un esatto punto. Oltre alle opportunità, ci sono dall’altra parte anche i rischi: ad esempio un suolo trattato con agrofarmaci è stato caricato fino a 2000 volte in più rispetto alla presenza odierna della civiltà. Le ricerche mettono in atto le ultime informazioni sul comportamento delle nanoparticelle sull’attività microbica nel terreno e sull’accrescimento vegetativo. Il risultato evince che sono biodegradabili e non persistenti nel suolo. Stranamente si osserva che non sono tanto le grandi ditte multinazionali a fare una campagna pubblicitaria sulla nanotecnologia, ma bensì delle imprese più piccole ma molto specializzate che iniziano pian piano a prendere piede. Gli esperti sono convinti che un potenziale significativo sono i cosiddetti nanosensori dai Paesi bassi; essi si fanno facilmente programmare sui materiali e sugli organismi, portando a nuove prospettive in campo veterinario e fitoiatrico. media_httpdeviceguruc_FCxFB.jpg.scaled1000
Questa nanotecnologia potrebbe essere veramente interessante per il mondo agricolo. Ad esempio sulla patata stessa le nanoparticelle avrebbero la capacità di localizzare le prime infezioni fungine, così degli attacchi singoli sulle piante possono essere eradicate a mano, prima che attaccano altre piante. Un’altra possibilità sono i nanosensori che, legandosi ai vari principi attivi, vengono rilasciati solo quando c’è l’effettiva presenza di una infezione. Si presume che in cinque anni queste utopie possono diventare realtà, dato che i costi del nanotech iniziano ad abbassarsi. Infatti si pensa che si arriveranno ai valori commerciali degli attuali fungicidi. Praticamente una strategia a rischio zero nella realtà non esiste.
Possibilità di inserimento di nanoparticelle nell’agricoltura:

– La porosità delle nanoparticelle di silice possono nel loro interno assorbire dei principi attivi. Essi possono essere rilasciati successivamente con più tempo e controllo.
– La proprietà antibiotiche degli ioni di argento è noto da tempo. Prodotti contenenti i collodi di argento in dimensioni nano sono disponibili sul mercato in Svizzera, sottoforma di disinfettanti per il settore agroalimentare; e negli Stati Uniti all’interno di alcuni fungicidi.
– L’olio di aglio è un insetticida naturale, ma poco solubile in acqua. Con il glicole polietilenico in versione nano come trasportatore sarebbe la giusta forma da apportare. Questo glicolo è biologicamente degradabile e quindi il rischio di inquinamento è molto ristretto.
– Il polisaccaride naturale chitosano oppure le particelle porose di nano silicato possono fungere da trasportatore di urea per far si che si evita il rischio di dilavamento dell’azoto. Nanoparticelle di chitosano esistono oggi in commercio come prodotti dimagranti.
– L’olio di neem, anch’esso un insetticida biologico, favorisce come una particella nano una emulsione maggiore. Nella lotta contro la malaria l’emulsione nano a base di oli di neem e già applicabile. Il vantaggio è che non sono stabili; infatti una volta in acqua perdono la loro dimensione originale.

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Fonte: Kartoffelbau 4/2014 pag. 20-23

Autore: Ursina Galbusera