La biofumigazione rappresenta una estensione della coltura intercalare. Un esperienza condotta negli Stati Uniti, in Australia e anche in Germania, mostra che tale tecnica aiuta a combattere i nematodi dannosi per la patata. Inoltre la biofumigazione offre innumerevoli vantaggi per la coltivazione di una cultura intercalare, costituendo così una durevole ed efficiente coltura principale. La patata viene infestata da un numero elevato di nematodi, soprattutto le due specie cisticole Globodera rostochiensis e G. pallida. Inoltre vengono assegnati altri nematodi appartenenti a generi diversi come Meloidogyne, Pratylenchus, Trichodorus e Paratrichodorus. Quest’ultimo è responsabile della trasmissione del virus TRV (Tobacco Ratte Virus). Inoltre tali parassiti, favoriscono insorgenza d infezione secondarie, causate dai funghi del genere Rhizoctonia, Verticillium e Fusarium, arrecando ulteriori danni. I sintomi dei nematodi non sono facilmente riconoscibili, ad esempio nanismo, ingiallimenti, sviluppi ritardati, formazione a rosetta ecc., tanto che nella pratica comune non vengono riconosciuti o semmai riconosciuti in ritardo. Quando i sintomi sono visibili, già si è perso almeno il 10 % della produzione, mentre le caratteristiche qualitative peggiorano ancor di più.

1000_Figure 3.19 Pratylenchus  nematodes
La lotta contro i nematodi parassiti delle piante nella pratica risulta molto complessa. Difatti in Italia esistono pochissimi prodotti rilasciati. Le varietà resistenti sono molto efficaci, ma sono solo contro i nematodi del genere Globodera e soprattutto dei patotipi Ro1 e Ro4 (contro la specie G. rostochiensis). Altre varietà resistenti verso gli altri patotipi, cioè Ro2, Ro3, e Ro5, oppure contro G. pallida, ossia i patotipi Pa2 e Pa3, sono molto più ristretti. L’unica vera soluzione sarebbe quella di effettuare dei riposi colturali di almeno 3-4 anni, ma è anche vero che alcuni generi come Pratylenchus, Meloidogyne e Trichodorus, possiedono una molteplicità di piante ospiti tali che questa tecnica risulta poco esaustiva. In questo caso un alternativa potrebbe essere la biofumigazione. Una condizione è, come per ogni contro misura, la conoscenza specifica dell’agente dannoso. Alcune ricerche a riguardo ciò vengono condotte dai centri fitosanitari. Il concetto della biofumigazione nasce a partire dagli anni 50. Tra i nematocidi oggi disponibili in commercio, tra di essi ricordiamo il Basamid o Metram sodio, rilasciano nel terreno la molecola isocianato di metile, che è dannosa contro nematodi, funghi tellurici e piante infestanti. Inseguito alla dose elevata (500 kg/ha), i costi, e i rischi di salute per l’uomo e l’ambiente, si sta cercando di ottenere altre soluzioni. In natura l’isocianato di metile si trova in piccole concentrazioni nei capperi, da cui il gusto piccante dei frutticini. Altri isocianati naturali si trovano in concentrazioni elevate sotto forma di glucosinolati nelle brassicacee, come ad esempio la senape oppure il rafano. Queste molecole contenute all’interno di questa famiglia botanica svolgono una funzione di difesa contro gli agenti patogeni. Si pone quindi la domanda, se questo sistema di difesa naturale possa essere impiegato per il controllo dei nematodi nel terreno.
Per la biofumigazione vengono utilizzate le brassicacee che contengono elevate concentrazioni di glucosinolati. Ma anziché usarle come una semplice coltura intercalare e lasciarle perire nel freddo invernale, durante la loro fioritura, ossia alla massima concentrazione di queste sostanze, vengono sfalciate e lavorate con il terreno. La distruzione delle cellule vegetali, tramite all’enzima della mirosinasi, porta alla formazione di isocianato, glucosio e solfato acido di potassio. Gli isocianati sono da questo momento i veri principi attivi. La composizione e la struttura degli isocianati dipende principalmente dalla specie vegetale. Le concentrazioni più alte si trovano nel rafano (Raphanus sativus), nella senape bianca (Sinapis alba) e nella senape indiana (Brassica juncea). Per avere una buona concentrazione di queste molecole nel suolo deve avvenire una rapida reazione chimica. Questo è possibile grazie ad una riduzione meccanica delle particelle vegetali, un terreno a pH neutro, temperature attorno i 20 °C e una quantità sufficiente di umidità nel terreno. Se si riducono queste condizioni, la reazione viene rallentata, la concentrazione risulta più bassa e vengono prodotti più nitrili, che possiedono un efficacia minore.
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L’azione della biofumigazione si indirizza soprattutto contro stadi di organismi vitali come miceli fungini, nematodi mobili o infestanti in fase germinativa. Stadi di quiescenza come gli sclerozi, cisti di nematodi o semi di infestanti vengono colpiti meno dalla biofumigazione. Differenti isotiocianati agiscono in maniera diversa sui nematodi. Ad esempio dalla senape indiana si ottiene una molecola, la sinagrina, dalla quale si ottiene a sua volta l’isotiocianato di allile; quest’ultimo con una ppm riesce a sterminare entro 3 ore il nematode Meloidogyne hapla. Altri isotiocinati come quello di benzile o fenile, richiedono una maggiore quantità di concentrazione. Ma anche le specie differente di nematodi reagiscono in maniera diversa ai vari isotiocianati. Ad esempio il genere Platylenchus, con una dose di 100 ppm di isotiocianati di allile, non viene completamente rimosso. Da ricordare che l’effetto di queste molecole è superiore sugli individui giovani che in quelli adulti.
Ogni specie di brassicacea possiede un proprio spettro di glucosinolati. Entro la specie, in base alla varietà, la concentrazione di queste molecole è abbastanza variabile. Queste condizioni hanno portato alla selezione di varietà con un alto contenuto di glucosinolati. Per una buona efficacia è bene ricordarsi che l’agente dannoso non si moltiplichi all’interno delle brassiche, in caso contrario la biofumigazione non avrebbe senso. Per la lotta contro i nematodi parassiti delle piante agrarie viene consigliato la coltivazione del rafano. Esistono delle varietà che sono ormai selezionati esclusivamente per la biofumigazione. Esso, insieme alle senapi, non rientra nelle piante ospiti dei nematodi cisticoli. Nella scelta della coltura bisogna però stare attenti verso altri agenti di danno. In successione con queste brassicacee incombe il rischio di insorgenza dell’ernia del cavolo (Plasmodiophora brassica). In questo caso è sconsigliato l’uso della senape indiana, dato che è molto sensibile a tale malattia.

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Fonte: Kartoffelbau 05/2011 pag. 52-54

Autore: Johannes Hallmann